Due estratti

da Giù in metrò, società, arti e culture di Luca Gricinella.

Ringrazio l'autore per aver acconsentito a questa condivisione. 

"Ogni rete metropolitana nel mondo ha qualche stazione diversa dalle altre, con delle peculiarità che la distinguono, spesso ignorate da passeggeri distratti o assuefatti ma a volte sfruttate in maniere imprevedibili. A fare la differenza possono essere, innanzi tutto, le strutture le forme, e qui a Milano si è detto del mezzanino di Porta Venezia, diventato una enorme sala prove per chi danza, e del soffitto a cupola esagonale della stazione di Amendola-Fiera che si è visto varie volte al cinema, come sfondo, soprattutto nei film di Carlo Vanzina. Ci sono altre stazioni con caratteristiche meno appariscenti e una di queste è Lotto, dove il tunnel pedonale di raccordo tra la linea rossa e quella lilla, arrivando dalla prima per passare alla seconda, ha una leggera pendenza. Qui, una volta, mi è capitato di vedere tre ragazzini sui dodici o tredici anni, con i capelli lunghi tenuti fermi sotto dei capellini da baseball e gli skate in mano, che si sono guardati intorno e, quando hanno capito che la via era libera, hanno urlato qualcosa, preso una breve rincorsa e sono saltati sopra la tavola per godersi quel tratto in discesa lungo poco meno di centro metri./ [pag.74 - Le unicità, il reimpiego]

(Perché tutti, prima o poi, ci siamo persi a Loreto e ci perdiamo ancora).

/Ci sono stazioni che, nel tempo, hanno assunto un'immagine collettiva peculiare. Un esempio è Loreto. Nella metropolitana di Milano è difficile perdersi: oltre al fatto che ci sono appena cinque linee e meno di dieci punti di interscambio in cui si incrociano, sulla striscia segnaletica presente sulle banchine il nome della stazione è ripetuto ogni cinque metri in modo che la gente lo abbia sempre sott'occhio anche dall'interno della carrozza. Sbagliare fermata, dunque, è difficile. Per le persone meno pratiche, però, quando si scende alla stazione di Loreto c'è la possibilità di perdersi per due motivi: è una delle più trafficate e la folla può influire sulla direzione da prendere sulla banchina, ed è talmente estesa che, per tornare in superficie, bisogna assolutamente evitare di sbagliare uscita, se no si può anche essere costretti a camminare circa 700 o 800 metri per rimediare all'errore. Chi ha una predilezione per il vagone di testa o quello di coda e, nel caos, non riesce a guardare con attenzione le indicazioni per raggiungere le vie stradali presenti in superficie, se senza fare calcoli prendere l'uscita più vicina, può pagare questa scelta avventata, soprattutto se va di fretta, condizione molto diffusa tra i milanesi. Sono le prime volte a essere critiche, quando bisogna rimettersi al caso, neanche all'intuito. Lo conferma un residente in piazzale Loreto, lo scrittore Ferruccio Parazzoli che in MM Rossa (2003), un saggio narrativo che raccoglie brevi storie attinenti alla linea uno della metropolitana milanese, ha scritto: «Tra viale Abruzzi e via Padova si aprono sette ingressi di metrò. Tra i lunotti della aiuola maggiore s'immergono due rampe inclinate, che immettono in sotterranei impraticabili. Provate a domandare a quale scopo siano state fatte: nessuno ne sa niente, nessuno le discende mai. Nemmeno io l'ho mai fatto. Niente, dicono che servono per carico e scarico. Passiamola per buona. Poi ci sono i sotterranei praticabili. Vi incontrerete sempre qualche disperso che vi chiede dove uscire per dove deve andare lui»./ [pag.23 - Gli outsider]




Giù in metrò - società, arti e culture, Luca Gricinella, Machina Libro 2025, pp143 - copertina e immagini presenti nel volume: Luca Gricinella / acquisto

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