L'emicrania

Ho terminato in fretta questo libricino raffinato, sottile riflessione sulla gioventù e su ciò che comunemente chiamiamo percorso di vita. È bello quando certe piccole letture riescono ad aprirsi e chiudersi nel giro di poche ore, significa che sono state capaci di arrivare all'osso.

Giunge a noi “L’emicrania” di Antonio Alatorre (Autlán de la Grana 1922 / Mexico City 2010), eclettico e coltissimo filologo, saggista, critico letterario e traduttore messicano – che mai si era misurato e mai più si misurò con un’opera di narrativa – tramite i figli, artefici di questo recupero postumo. Poco più di cento pagine urgenti (e incompiute) per raccontare un episodio di dejavù che durante una siesta in giardino colpisce Guillermo, una sorta di alter ego di Alatorre. Questo gioco di rifrazioni, da cui poi il protagonista viene risvegliato per grazia della moglie, scesa in giardino a offrire al marito scrittore e professore un gin tonic di fine pomeriggio, riporta il Guillermo/Alatorre agli anni di studio trascorsi in seminario e in particolare al momento della pubertà, caratterizzato da acutissimi attacchi di una feroce emicrania di cui lo studente soffriva quasi ogni giorno.

Se quei mal di testa fossero causati da questioni di sviluppo, carenza di supporti oculistici adeguati nello studio matto e disperatissimo delle amate lingue classiche e della musica o dall’inconscio rifiuto nei riguardi della vita religiosa per la quale Guillermo si rende conto di non provare più vocazione - e di non averla mai provata, certo resta da scoprire e occorre che questa ambiguità venga ironicamente conservata, a fondamento della costruzione narrativa.

Sorriso, tormento, disperazione: fiumi di sentimenti sovrapposti caratterizzano la prosa così accurata di Alatorre a testimoniare il turbine di sensazioni che l’adolescenza porta con sé, dalla scoperta dell’autoerotismo al ragionamento puntuto su ciò che nella vita, per causa della vita stessa, vien fatto di abbracciare o abbandonare. Per questo trovo che "L’emicrania" sia una riflessione ancora attuale sul tempo che passa, sui giri di carte e anche sugli inganni percettivi. 

Da una parte il dejavù di Guillermo/Alatorre nasce da un casuale gioco di riverberi nella luce di un pomeriggio bianco, così abbagliante da provocare all'uomo sdraiato sull'erba una sorta di derealizzazione (tanto ben descritta che ci si domanda se sia qualcosa di sperimentato nel vero: "L'unica realtà è la coscienza"). Dall'altra l'esperienza del seminarista resta incastrata fra lo sguardo stretto e impaurito di ragazzino timido, inconsapevole delle cose del corpo nella solitudine di un water di comunità e il mondo a parte di preti e suore. Nel silenzio chiostrale delle giaculatorie scorre una quotidianità in qualche modo rassicurante e quasi mai oppressiva, legata a un tempo ancora d'infanzia, protetto e ancora accudente pure nelle inevitabili ellissi. 

Su tutto sfiorano gli anni dei rovesci economici della famiglia, culminati con l'affido di quasi tutti i fratelli Alatorre a enti caritatevoli, nella dimensione collettiva di un Paese, il Messico, di inenarrabile complessità, e ben raccontati in prefazione da Martha Lilia Tenorio allieva ed erede del patrimonio intellettuale di Alatorre.

"L'emicrania è una invasione poderosa e terribile, un morso rilucente, azzurro e giallo. Si muove con uno zigzag spigoloso e velocissimo, dall'alto verso il basso, e non si esaurisce mai, anzi, si riproduce alla stessa velocità, atrocemente silenziosa, oscillando rasente al campo visivo, sempre un po' a sinistra. È uno squarcio caparbio, fatto di una corrente impetuosa di mercurio azzurro e giallo meno, simile a quello delle saette durante un temporale notturno, soltanto che lo zigzagare di questo squarcio è più spigoloso, e soprattutto immobile: non esistono intervalli di buio e la riserva di mercurio non si esaurisce mai: aumenta incessante."

Interessante la riflessione sul memoir, inteso come un recupero del passato nella necessità del presente, e sugli "inganni metafisici" del ritorno, del nostos.

Due belle frasi: "procedo a forza di dubitare" / "Ho accettato il dubbio e accetto anche la paura".

(Buon ottobre)


L'emicrania, Antonio Alatorre - trad. Giulia Bancheri, collana Palabras di Ventanas 2025, 104pp; copertina (fotografia) archivio / acquisto ebook

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