Andymon

L'utopia della conquista spaziale riporta al modo che ha la fantascienza - il modo che  dovrebbe avere sempre - di parlare ai lettori nel presente e a proposito del presente. Aggancia le origini storico-letterarie della fiction cosmista sovietica Andymon, a cui appartiene per albero genealogico, ma riesce anche, tramite i piccoli e grandi escamotage di cui il racconto fantastico è di per sé capace, a condurre il lettore lungo la riflessione critica su argomenti coevi, di carattere politico e sociale.

In questa storia pionieristica di bambini-mai-nati, ragazzini in centinaio vengono sistemati ancora embrioni nell'utero di una buia, gigantesca e silenziosissima nave interstellare, per poi essere estratti, cullati e nutriti da balie robot, istruiti da automi-professori nella nudità boschiva di un parco naturale a modo e forma dell'Eden primigenio e infine spediti a colonizzare il pianeta Andymon - lontano migliaia di anni luce dalla madre Terra, di cui non si hanno più notizie e nemmeno è possibile recuperarle, inaccessibili nei profondi rifugi algoritmici della balena-nave.

Se ben fatto, un racconto fantascientifico si muove sempre su tempi lunghi; sicché chi è avvezzo alle questioni della Germania Est non ha mai faticato a ritrovare all'interno dell'opera riferimenti ai più dibattuti temi dell'epoca, dalla questione socialista all'emancipazione femminile ma in verità Andymon, pubblicato per la prima volta nel 1982 per i tipi Neues Leben, è per sua struttura fruibile da un pubblico eterogeneo nello spaziotempo. Questo sistema di intenti presenti/futuri, risultato di attenzione costante alla forma e all'organizzazione dei contenuti, ne ha garantito longevità e immutato senso dell'attuale.

Alla lettura deve restar salda proprio la precisa comprensione dell'intento: nelle utopie dei nuovi mondi, siano esse per conquista spaziale o a recupero del day after postapocalittico, interesse primario resta in ogni caso l'homo faber, capace di [ri]costruire da sé, manualmente, ciò che era stato perduto o ciò che si ha intenzione di replicare in contesto altro (si confronti a questo proposito l'antesignano Il giorno dei trifidi, di John Wyndam, Urania / Fanucci e ora Neri Pozza, con cui Andymon condivide la struttura a flashback di diario di memoria). In questo senso Andymon - con le proprie distinguibili estensioni/digressioni tecniche e la negazione intrinseca verso qualsivoglia traslazione di strumento fruitivo, in specie cinematografico - funziona, nella struttura a capitoli episodici, come una specie di vademecum, non lontano dalla spinta didascalica di certi cataloghi d'aedo, a pensarci: dall'apprendimento esperienziale (la "scolarizzazione" dei fanciullo, basata principalmente sullo studio di materie tecnico-scientifiche e psicologiche - non si dimentichino la formazione matematica di Angela Steinmüller e quella fisico-filosofica di Karlheinz), alla discesa sul campo per la costruzione di sistemi di sostentamento primari fino all'analisi, in una specie di punti discussionali a piramide di Maslow, della componente valoriale e sistemico-relazionale/filosofica (coabitazione, dinamiche di gruppo, necessità di un percorso evolutivo nell'ottica della regolamentazione legislativa e dei poteri esecutivi e giudiziari).

Le motivazioni del viaggio interstellare alla volta di Andymon restano ignote sia al lettore sia ai protagonisti pionieri, ed è nella conclusione del romanzo che si intuiscono le ragioni di questa sospensione. Non mancano le riflessioni sulle inversioni di rotta di cui è/dovrebbe essere a inevitabile destino il pensiero cosmonautico pionieristico: il dubbio sulla congruità dell'intento conquistatore (la terraformazione ad esempio, con annessa modifica irreversibile, quando non distruzione completa, degli ambienti naturali autoctoni), la necessità di riflessione sui ruoli individuali predeterminati (cosa succederà di un mai-nato non conforme agli standard richiesti, nel fisico o nella psiche? - sempre che la manipolazione genetica non sia intervenuta già anteriormente, a eliminare qualsiasi incongruenza, come anteriore e imposto è lo strumento della contraccezione collettiva), e infine anche lo scivolamento verso forme di collettività tribale e perfino di apolatria a individuo singolo, nella forma di mitizzazione post mortem o venerazione carismatica in vita.

Interessante la riflessione continua e incessante, dalla prima all'ultima pagina, sulla maternità uterinica femminile tra destino e scelta, all'interno della quale il ruolo discrasico della tecnologia già all'inizio degli anni ottanta aveva evidentemente fatto comparsa, almeno in ambito fantascientifico - come a dimostrare ancora una volta una peculiare capacità di sguardo di questo genere letterario.

Ps. Il soggetto-Kerans avrebbe di sicuro preferito una discesa su Andymon ben differente da quella controllata a scafandro ipertecnologico e tecnofiliaco del protagonista-narratore Beth, ma questa è altra storia e altra riflessione.

(Avevo idea di far breve questo articolo, e invece no).

Andymon, Angela e Karlheinz Steinmüller - trad. Beatrice Sensini, Del Vecchio Editore, 2025, 504pp brossura; design: Illustrazioni, logo: Maurizio Ceccato | Ifix - Andymon, un'utopia multiprospettica: postfazione-saggio di Chiara Viceconti | La scatola nera della traduttrice, 6pp a cura di Beatrice Sensini / acquisto 

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